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Il letto antico

Anche nelle case terrane, fatte di un unico ambiente, il mobile principale era il letto che, prima di aprire la porta al mattino, bisognava rifare.
D’altra parte, un proverbio medioevale diceva che una buona moglie si notava dal letto rifatto.
I letti antichi erano molto alti, fatti in genere di ferro a stampo talvolta a girali e dipindi, talvolta di ottone; successivamente, furono fatti di legno.
In genere, quelli più antichi erano costituiti da due lettini uguali accostati e attaccati, spesso, simbolicamente da un nastro.
I materassi erano riempiti di lana per i più ricchi, lana che veniva lavata, alcuni giorni prima della nozze, a mano, spesso a mare, con l’ausilio di “pile”, da parte della famiglia della sposa e delle sue amiche, specialmente da ragazze con l’augurio di prossime nozze anche per loro; essi erano quattro o due, a seconda delle possibilità economiche della famiglia.
Detti materassi erano riempiti di crine o di “paglia di lana”, cioè di paglia derivata dalle spighe dell’orzo, per cui, ogni anno, i contadini si facevano la provvista in estate dopo il raccolto, se si trattava di famiglie poco abbienti. Essi venivano posti su delle tavole, “i tavuli do lettu”, che poggiavano su quattro trespoli (trispa) soltanto.
Il letto risultava così alto, soprattutto quando i materassi erano riempiti da poco, oppure quando, ogni anno in estate, si svuotavano i materassi o per cambiare “a pagghia i lana” oppure per lavare le federe dei materassi di lana che, contemporaneamente, veniva “sbittata” cioè cardata e messa al sole per togliere l’umidità e le impurità.
Poiché il letto era alto, sotto di esso si “nascondevano gli oggetti” più vari, dalla “pila” di legno (co peri a pila) alle bottiglie di pomodoro: un vero ripostiglio.
Per evitare che detti oggetti si vedessero, le ragazze da marito, facevano il “giraletto", che consisteva in una striscia di tessuto bianco ricamato o fatto al “filet”, lunga  quanto tutto il perimetro del letto e alta circa 50 centimetri, che veniva attaccata con delle piccole cordicelle alle sbarre di ferro del letto.
Siccome la biancheria si lavava a mano, in genere ogni mese, le lenzuola si cambiavano non troppo spesso, e allora per non far vedere la “svolta” di esse, sporca, si usava mettere sopra la coperta una striscia bianca in genere della stessa stoffa della lenzuola (cioè di cotone o di lino) ricamata molto bene e anche con delle frasi augurali agli sposi o rappresentanti degli angioletti; mentre i cuscini, sempre per il solito motivo, si usava coprirli con dei “copricuscini”, con quattro bordi ricamati e molto belli.
D’estate, sul letto, si mettevano in genere delle coperte bianche di cotone, lavorate in casa spesso ad uncinetto con disegni a girali e frange complicatissime.
D’inverno, tutti adoperavano “a cuttunina” un’imbottita bicolore da una parte rossa (lato principale) e dall’altra gialla, che era dotata dalla famiglia della sposa, come tutto il corredo nuziale.
Essa veniva fatta imbottire “da cuttininara”, cioè da una donna che sapeva fare tale lavoro, a cui ci si rivolgeva portando la stoffa, “u malauggiu”, cioè il cotone, a cui gli agricoltori avevano fatto levare i semi negli appositi sgranellatoi facendo le “balle”.
Sopra il letto, in genere, si poveva una bambola, simbolo augurale, e come capezzale l’immancabile quadro della Sacra Famiglia, a ricordare la santità del matrimonio.
Se, nel frattempo, nasceva un bambino, si faceva “a naca”, cioè la culla, in genere costruita da una coperta disposta a mò di amaca, in alto sul letto, tenuta da due funi; una cordicella, che le pendeva da un lato, consentiva alla madre di dondolarla per addormentare il neonato/a da cui il verso di “annacari” cioè dondolare.
I più ricchi, però, avevano una culla di ferro per i loro bambini, del tipo dei letti di ferro che allora si usavano, spesso con delle belle pitture, che mettevano vicino al letto matrimoniale.
Tutte le mamme erano solite cantare dolci nenie.

Fonte: Rosa Maganuco